venerdì 2 novembre 2007

San Remo

C’è un’isola che non è proprio un’isola, nonostante sia presa di sguincio dal mare;

ci si può arrivare in moto e, partendo presto, si spacca il primo mezzogiorno.

C’è un sogno che non si smette di sognare per settantadue ore ed a volte si trascina.

E’ forse quell’isola non trovata che Guccini stesso ammette di non cercare più, quell’utopia di cui si dubita, sicuramente è un mondo in cui chi prende ha chiesto il permesso, dove la parola GRAZIE ha un significato, una dimensione parallela, creata da uomini e perciò possibile, che frammenta un’aria più frizzante, più sincera.

E’ un luogo strano che si trova tra la poesia ed il vento… un luogo in cui mi sento a casa. Probabilmente è facile per me, uomo di mare portato a spasso dalla curiosità anche sulle montagne della Nuova Zelanda o nel deserto del Namib, trovare un po’ di patria ovunque mi fermi a fumare, guardando cieli diversi ed un poco uguali, ma parlando con altri nuovi amici, che si ritrovano a carezzare lo stesso dorso d’animale, leggendo nel loro sguardo pieno d’entusiasmo, annuso la mia emozione.

Persino le perle che giro nelle mani(forse troppo ruvide per il loro valore: contrasto stridente) sembrano scegliere una luce cangiante, più umile e vera.

E così eccomi seduto con la faccia inebetita, gli occhi sognanti di bambino e la bocca semiaperta… perché ho provato con la fotografia, per non parlare delle poesie appallottolate: per catturare un momento bello si può solo assaggiarlo, come quel tramonto in Venezuela che leccai con la più dolce delle devozioni.

Qui seduto, anticipando la prima conferenza stampa, in una spirale di pensieri ed il primo rimbalza sull’isola mia trovata che mi sembra ancor più accogliente e poi, nel pomeriggio, la voglia di abbracciare e sciogliere questa piccola lacrima sulla commozione spontanea e chiudere con l’idea, che diventa fatto, di essere un tono di colore in uno spettro ampio, completo.

Tutto è un ribollire di sensazioni per le magiche esibizioni, per il riso benefico, anche per tutte le mie domande inespresse, a cui rispondo da solo:

“Cara Fernanda, se è una barca che anela al mar eppur lo teme, come possiamo sconfiggere il timore e lasciarla finalmente veleggiare verso le placide acque della realizzazione?” oppure “Caro Mauro, se è così facile lavorare con i più bravi, com’è, invece, lavorare con Ligabue?” ma è uno scherzo!

O ancora (generica): “C’è oggi la possibilità di incontrare un Lester Conway Bangs che ti trovi simpatico e che ti commissioni 2 cartelle sul concerto dei Porcupine Tree?”

E poi le cose che non tutti sentono, ma siccome ho orecchie affilate:

una signora che, non conoscendo bene i musici, guardando la scaletta in programma, all’apparizione sul palco di Fausto Mesolella, afferma: E’ Petra Magoni!” che con tutta la buona volontà e lo sconfinato rispetto artistico, già non è tanto bello come uomo e col piffero che Bollani se lo sposava (Copacabana, Copacabana).

O quel signore che, durante la presentazione di Staino, si siede accanto e chiede:

“Ma non doveva parlare un fisico?” che si rimane anche un po’ spiazzati perché non si sa se ha sbagliato sede di convegno o se ha uno spiccato senso dell’umorismo, perché pensava che Staino fosse più alto, e poi, comunque, dice alla moglie di togliersi la giacca perché ci si diverte… e fa bene a rimanere! Perché dopo le belle risate arriva quell’intenso desiderio di fusiondilacrime di cui parlavo prima.

Oh adorata isola dagli scogli morbidi, mentre ti vedo diventar piccola nello specchietto, ti bacio sulla fronte, per avermi offerto, anche questa volta, una sponda d’attracco ed è una lieve malinconia che mi è cara perché fa un po’ più male.

Riccardo Marchetti.

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